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TikTok come lo Sputnik

10/08/2020

TikTok come lo Sputnik

Tra il 1957 e il 1961 gli Stati Uniti subirono la supremazia tecnologica russa nella corsa allo spazio, culminata nel lancio dello Sputnik, il primo satellite in orbita intorno alla terra e, poi, dalla prima missione umana di Gagarin a bordo della Vostok 1. Da lì parti la rincorsa che si concluse sulla luna. Oggi la Casa Bianca cerca di recuperare, con i decreti, il grave ritardo sulle telecomunicazioni nei confronti della Cina – il caso Huawey - e di difendere il vantaggio sui social media, abilitatori sempre più importanti di consumi, messo a dura prova da WeChat e dall’esplosione di TikTok.

Donald Trump ha firmato il decreto che vieta a TikTok di operare negli Stati Uniti, entro 45 giorni dalla comunicazione ufficiale, datata 6 agosto. Il divieto riguarda “qualsiasi transazione da parte di chiunque, o di qualsiasi proprietà, soggetta a giurisdizione negli Stati Uniti, con ByteDance (la holding cinese proprietaria della piattaforma, ndr) o le sue controllate”. Questo perché la diffusione di “applicazioni mobili sviluppate e di proprietà di aziende della Cina minaccia la sicurezza nazionale, la politica estera e l’economia Usa”.

Al di là dei toni da guerra fredda che, a quasi cinquant’anni dalla visita di Nixon in Cina, sono ancora valuta elettorale pregiata in tutto l’occidente, l’amministrazione americana muove alla “cyberguerra” per ragioni strategiche e di mercato, facilmente individuabili.

SOCIAL NETWORK E RETAIL

TikTok vanta due miliardi di download da ogni parte del mondo, e gode del primato di gradimento tra teenager e “molto” teenager. E, come tutti i social che si rispettino, ha subito prodotto le sue stelle milionarie. Negli Stati Uniti, lo scorso giugno, il social preferito dai ragazzini si è reso protagonista di una memorabile beffa proprio ai danni di Trump, determinando, di fatto, il fallimento di una sua presenza pubblica.

La valutazione di TikTok (circa 100 miliardi di dollari, dopo l’ultimo aumento di capitale) ne riflette la velocissima diffusione. TikTok è oggi al settimo posto nel ranking mondiale dei social network (dati Statista); conta circa 800 milioni di iscritti, 100 dei quali negli Stati Uniti. E incide, quindi, sui comportamenti d’acquisto.

Questo fattore è determinante per la valutazione del peso strategico dei social network. I dati pubblicati alla fine del 2019, e quindi prima della pandemia che ne ha ulteriormente dilatato l’importanza, sono eloquenti.

Il 71% dei consumatori tiene in maggiore considerazione i prodotti ben referenziati sui social (dati Hubspot); questi influenzano il 47% degli acquisti dei Millennials (Deloitte); il 90% dei brands attivi online usano i social per aumentare la notorietà del marchio (Hootsuite); l’80% dei consumatori attivi online usano i social per relazionarsi ai brand (Maybe Tech); i negozi online che hanno presenza sui social vendono mediamente quasi un terzo in più dei concorrenti non presenti (Big Commerce).

MICROSOFT, TIKTOK E LA CENTRALITÀ DEI SOCIAL NETWORK

Microsoft è il partner preferito da Trump per l’acquisizione delle attività di TikTok in USA (e, nelle intenzioni comuni, anche in Canada, Australia e Nuova Zelanda). Ciò potrebbe avvenire già entro la data prospettata del 15 settembre, ma la complessità dell’operazione è nel valore dell’operazione, alterato dall’obbligo presidenziale, e nella battaglia nei tribunali che ne seguirà. Pechino ha denunciato la manovra americana come “una manipolazione politica e una repressione”.

La volontà di Microsoft e Trump palesa la nuova centralità dei social network sul mercato. Al netto dei timori per privacy e sicurezza, peraltro in netta decrescita, che ne fanno da barriera d’accesso, l’orientamento dei consumatori è sempre più favorevole all’uso di queste piattaforme nel proprio shopping journeyEngagement del cliente, ricerca dei prodotti, referenze raccolte da altri utenti, acquisto diretto interessano quote sempre più larghe del commercio mondiale, dal 13% al 43% a seconda delle fasce generazionali interessate (dati Global Web Index).

Senza contare, naturalmente, l’enorme quantità di dati utili alla profilazione del compratore esistente o potenziale. Data l’età media degli utenti di TikTok, in prospettiva uno dei fattori di maggiore importanza.

IL PIANO CLEAN NETWORK

Nella presentazione di Mike Pompeo,Segretario di stato americano, cinque sono i punti fermi dell’azione americana. Clean Carrier, per inibire gli operatori telco cinesi dal collegamento con le reti americane. Clean Cable: per la sicurezza dei cavi sottomarini e l’infrastruttura di Internet. Clean Store: esclusione delle app cinesi dalla vendita online di applicazioni mobili negli Stati Uniti. Clean Cloud, per impedire l’archiviazione di dati su server accessibili a società come “Alibaba, Baidu e Tencent”. Clean Apps: evitare che i produttori cinesi di smartphone rendano disponibili, o preinstallate, applicazioni considerate “non sicure”.

IL RITARDO AMERICANO

Su quest’ultimo punto, Pompeo fa un riferimento diretto a Huawei: “Queste aziende dovrebbero rimuovere le app di Huawei per assicurarsi di non essere partner di un utente che viola i diritti umani”. Paccottiglia ideologica, uguale a quella in uso contro TikTok, usata per dissimulare il problema vero, il ritardo della tecnologia americana rispetto alla Cina (e, spesso, anche all’Europa) nel settore delle telecomunicazioni.

Facile dimostrazione ne è l’embargo ai danni di Huawey, decretato causa “emergenza nazionale” nel maggio 2019, e appena prolungato. La vicenda, politica e legale, che ne è seguita è agevolmente spiegabile con un tweet di Trump del 21 febbraio. “Gli Stati Uniti devono sviluppare al più presto il 5G, e anche il 6G. Le aziende americane devono intensificare i loro sforzi. Non c’è motivo per cui dovremmo essere in ritardo”. L’innominato concorrente in vantaggio è, ovviamente, la Cina.

Il problema, peraltro evidente, non è negli smartphone ma nella leadership tecnologica cinese in quest’ambito strategico. Se Huawei è tra i leader mondiali del 5G, la connazionale ZTE è secondo WIPO (l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale) tra le prime tre aziende al mondo in materia di brevetti. Più di 33.000 domande approvate, di cui più di 2000 relative al 5G, settore nel quale è predominante.

TENCENT

Dal sacro fuoco della Casa Bianca, oltre alla più elementare etica di mercato e ai diritti del consumatore, non si è salvata neppure WeChat, probabilmente la piattaforma di servizi digitali più avanzata al mondo, anche in questo caso di proprietà cinese (Tencent). L’effetto sul mercato dell’iniziativa di Trump non si è fatto attendere. Le azioni di WeChat, quotate sulla piazza di Hong Kong, hanno perso il 10% del valore.

La partita con Tencent, peraltro, è tutt’altro che facile da giocare. Questo per le dimensioni dell’azienda, al livello di Facebook per capitalizzazione; per la sua partecipazione in alcune delle più importanti aziende americane di gaming e quella in Snap (che controlla Snapchat, con 400 milioni d’iscritti social più seguito di Twitter); per gli accordi di trasmissione in streaming video con i più importanti sport professionistici americani; per la diffusa presenza dei suoi software nell’offerta di Apple e Google.

È ANCORA SPUTNIK

Nel piano “made in China 2025”, presentato due anni orsono, la Cina di Xi Jinping ha affermato la sua volontà di evolversi da “fabbrica del mondo” a leader mondiale dell’innovazione tecnologica.

Si è creata una situazione del tutto simile alla sindrome indotta dallo Sputnik, il primo satellite artificiale mandato in orbita intorno alla Terra, dalla Russia, il 4 ottobre 1957; seguito, poi, dalla prima missione umana nello spazio, con Jurij Alekseevič Gagarin a bordo della Vostok 1, il 12 aprile 1961. Ne derivò, per Washington, la consapevolezza del ritardo tecnologico rispetto a Mosca, cui seguirono gli ingenti investimenti che portarono gli Stati Uniti sulla luna.

Sessant’anni dopo, la storia si ripete. In ritardo netto nella competizione mondiale delle telecomunicazioni, per l’America di Trump il tentativo folkloristico e violento è di riscrivere il mercato, barcamenandosi tra protezionismi e incentivi forzati all’innovazione. TikTok come lo Sputnik e Vostok 1, insomma, resta da vedere se anche questa volta ci sia una luna e se, e come, sia raggiungibile.

Michele CapriniHead of content