Va detto, comunque, che se l’offerta non può prescindere da un adeguato programma di restituzione, non manca certo il malcostume nella domanda. Politiche di restituzione troppo generose possono incentivare i clienti a ordinare troppo: tipico il caso di un vestito in più colori e misure.
Alla resa dei conti, gli acquisti rifiutati inducono un aumento dei costi operativi e rappresentano un danno consistente per i costi di gestione della mancata vendita, successiva alla movimentazione della merce. NRF stima che, entro il 2025, la spesa per la logistica inversa supererà i 600 miliardi di dollari.
Per contenere, e ridurre, il tasso di restituzione del venduto, possono essere intraprese azioni diverse strade diverse. C’è chi decide di migliorare descrizioni dei prodotti e, nel caso del fashion, le guide alle taglie; oppure, punta sulle presentazioni in 3D sui siti web. Per esempio, Walmart ha acquisito Zeekit, start-up specializzata nella tecnologia delle immagini virtuali.
E c’è chi, invece, ritiene più economico lasciare l’articolo al cliente in cambio di un rimborso, piuttosto che affrontare il fastidio e il costo di spedire indietro e processare un articolo ingombrante, fatto su misura o di basso valore per, poi, ripristinare l’inventario e rivendere ad un prezzo scontato. O, magari, accettando la riconsegna riconoscendo, però, al cliente l’opportunità di rinunciare alla scatola o, comunque, al riconfezionamento della merce in rientro.
Un altro importante retailer, Best Buy, ha istituito un outlet online per la vendita di elettrodomestici, TV e altri prodotti ancora coperti da garanzia. Altri, ancora, hanno puntato sull’innovazione del servizio, allestendo spazi nuovi dedicati ai resi. E non manca, tra i grandi brand, chi ha deciso l’adozione di sistemi avanzati di robotica e intelligenza artificiale per la gestione del flusso.