Intervista a Nicola Giannuli, managing partner di Retex, sullo stato della GDO italiana e sulla nostra offerta di tecnologie e servizi al settore.
“Innovazione” è una parola recepita universalmente solo nella sua accezione positiva, ma sottende resistenza, sofferenza, rinuncia, incomprensione, incertezza, capacità, visione, miglioramento, affermazione. Senza parlare di “resilienza”, ormai tanto di moda, basta dire che, durante e dopo l’emergenza sanitaria mondiale, il tempo delle attese è ormai finito. E “innovazione” può essere premessa tanto a sviluppo, quanto a sopravvivenza. Altre opzioni, come rinuncia o ritardo, non esistono più.
Intervista a Nicola Giannuli, managing partner di Retex, sullo stato della GDO italiana e sulla nostra offerta di tecnologie e servizi al settore.
R. Il COVID ha inciso in maniera forte e differenziata sui settori del retail, sui volumi, sulle attitudini di consumo. Nella GDO, Retex come ha risposto?
NG. Non abbiamo dovuto “inventare” qualcosa di diverso a ciò che facevamo prima. In fondo, il vantaggio per chi lavora, costantemente, in una logica evolutiva è proprio questo. Certamente, abbiamo raddoppiato gli sforzi per garantire, nell’emergenza, la stessa quantità e la stessa qualità dei servizi, e ne siamo stati premiati. La natura del nostro lavoro, però, non è cambiata.
R. Qual è, adesso, lo stato della Grande Distribuzione in Italia?
NG. L’interazione fortuita tra pandemia e GDO ha creato uno stato di bisogni e opportunità pressoché unico nella storia della nostra distribuzione. Questo comparto, insieme a quello farmaceutico, è stato il maggior beneficiario nel mondo della crisi indotta da COVID 19. Adesso c’è un ovvio abbassamento degli indici, occorre capitalizzare l’esperienza vissuta.
R. Come?
NG. I consumi presidiati dalla GDO sono spesso anticiclici. Come hanno dimostrato le crisi del passato, non ultima quella del 2008, gli acquisti hanno sempre premiato con tassi di crescita importanti i soggetti più agili e veloci nell’intercettare il cambiamento, a maggior ragione se improvviso. È la GDO più capace e reattiva, da sempre, ad aumentare la sua incidenza sul carrello della spesa e sugli orientamenti di chi compra. Il nuovo stato delle cose premierà solo chi ci avrà creduto e investito di conseguenza, e in tempi brevi.
R. Ci sono stati segnali significativi, in questo senso?
NG. A dispetto dell’eccezionalità, non nella misura dovuta. Ad alimentare l’innovazione non bastano le facili operazioni d’immagine, legate ai concetti scontati di solidarietà e ripresa. Addurre, come giustificazione alla prudenza e al non investimento, l’incertezza delle prospettive è un grave errore. Ne è un esempio la sufficienza di alcuni operatori del Retail italiano quando, nei primi anni Novanta, andava diffondendosi il fenomeno discount, che loro giudicavano un modello di business che in Italia non avrebbe mai funzionato. Abbiamo visto, poi, com’è andata a finire.
R. Innovazione come “necessità”, insomma.
NG. È così. L’innovazione tecnologica, continua e avanzata, è per il retail una necessità vitale. Se ne parla tanto e da tempo, ben prima dell’emergenza sanitaria, e il rischio implicito è di farne un luogo comune, piegando alla banalità il concetto. Ma questa, fatta o evitata, spiega buona parte dei successi e dei rovesci di molti attori del mercato.
R. Guardiamo all’altra parte del campo. Quanto, e come, è cambiata la domanda?
NG. Molto. Oltre alla prepotente affermazione dell’eCommerce, è incontestabile, l’aumento dei consumatori che vincolano le loro preferenze in negozio alle esperienze fatte online, in rapporto diretto con il brand d’interesse o anche soltanto per la comparazione dei prezzi e delle offerte. Per il retailer, quindi, è molto importante organizzare al meglio l’accesso e l’esplorazione del punto vendita, aumentandone, sul presupposto della conoscenza, i tempi di permanenza delle persone e offrendo loro servizi ulteriori.
R. Obiettivi a breve termine, quindi?
NG. Per la GDO, l’obiettivo primario è la riforma digitale del punto vendita, in continuità con la presenza online. Il nuovo presente, per me, va costruito su premesse di relazione e fedeltà con il cliente prima e dopo l’acquisto, con le tecnologie e i servizi utili allo scopo.
R. Per esempio?
NG. L’approccio deciso agli apparati self, dallo scaffale al punto cassa, ai sistemi evoluti di analytics e ai programmi di loyalty. E, ancora, al commercio digitale coerente con la vendita fisica, ai pagamenti elettronici, a efficaci strumenti di comunicazione, ai servizi di consegna a domicilio e di ritiro sul punto vendita. Con un occhio attentissimo, peraltro, alla sostenibilità, un aspetto decisivo dell’innovazione.
R. E nel “retrobottega”?
NG. La gestione accurata della supply chain, in ogni suo passo. L’interoperabilità via web, per esempio, consente di gestire al meglio gli ordini, la movimentazione delle merci e l’assortimento, supporta la preparazione della merce e abilita l’informazione al cliente sullo stato e sui tempi della spedizione, del ritiro e di eventuali modifiche. Crea continuità e omogeneità, quanto mai necessarie, prima e dopo la vendita.
R. I riferimenti internazionali più importanti, a sostegno dei concetti?
NG. Nella GDO cinese, il nuovo retail è stato affermato proprio da due giganti dell’eCommerce come Alibaba e JD.com. I supermercati Hema e 7fresh sono, di fatto, la réclame dell’integrazione del commercio digitale e fisico in un’esperienza d’acquisto unica e coinvolgente. E, nelle tumultuose vicende del retail americano degli ultimi anni, proprio il cambiamento ha permesso il rafforzamento sostanziale dei giganti del supermercato, come Walmart, CostCo e Target.
R. La definizione di innovazione, quindi?
NG. Non è un’opportunità, ma un bisogno ineludibile. Non ha punto d’arrivo, è un ciclo continuo che ha origine in ciò che è desiderabile da parte di chi spende e punta a renderlo possibile. E a migliorarlo e anticiparlo, quando si può. Il motore dell’innovazione è il desiderio di chi entra nel negozio, la tecnologia è il mezzo che deve renderlo realtà. E a ogni ritardo, si paga dazio.