Chat GPT è uno dei passi successivi al lancio, da parte di OpenAI, di GPT-3, nel maggio 2020. Questo è un modello di previsione linguistica, basato sull’apprendimento automatico a rete neurale, in grado di prendere una piccola quantità di testo in ingresso per generare grandi volumi di testo pertinente. Questo, secondo il calcolo delle probabilità di presenza nella successione delle parole in una frase o un insieme di frasi. Ciò avviene addestrando il sistema su una massa sterminata di testo raccolto online, circa 300 miliardi di parole.
In soli 5 giorni dal lancio, nel novembre scorso, ChatGPT ha superato il milione di utenti che, oggi, sono conteggiati in circa 100 milioni. Come ogni altra tecnologia sofisticata, GPT-3 ha, ovviamente, il potenziale per qualsiasi uso improprio, di cui è possibile tracciare in rete l’allarme per ogni peggio. Tutta l’intelligenza artificiale, peraltro, è da sempre oggetto di contesa, e non serve la memoria di un elefante per ricordare, in questo ambito, cosa successe nel 2016 con Tay, il Twitter bot di Microsoft.
Il rischio, però, è di chiudersi nel vicolo cieco del confronto sulle priorità del business rispetto a quelle dell’etica e a questa, peraltro, non siamo mai poveri di attenzione. Si tratta, del resto, di definire regole e protocolli per il controllo e non di prescindere a priori dalla tecnologia: sia il mercato che la società si evolvono e, quando possibile, si correggono con l’innovazione.