Il catalogo di IKEA, dal 1°gennaio 2021, non sarà più stampato né pubblicato online; l’informazione per i clienti sarà curata sul sito e con la nuova app.
La storia del retail nel mondo, a volerne una sintesi, si può riassumere in alcune tappe fondamentali: il primo registratore di cassa o l’introduzione del codice a barre, per esempio. Tra queste, trova posto il catalogo. La decisione di IKEA di rinunciare alla sua famosa pubblicazione evidenzia una tendenza ormai consolidata. Ma, nel ciclo continuo d’innovazione, nessuna forma di relazione con il cliente può dirsi definitivamente superata.
Il catalogo di IKEA, dal 1°gennaio 2021, non sarà più stampato né pubblicato online; l’informazione per i clienti sarà curata sul sito e con la nuova app.
L’innovazione costante è una caratteristica di IKEA che, in tempi recenti, aveva già annunciato, con il nuovo negozio di Vienna, il drastico cambiamento del tradizionale formato di vendita che accompagnerà il suo sviluppo.
La storia del colosso svedese inizia proprio con un catalogo di vendita per corrispondenza, nel 1951, sette anni in anticipo sull’apertura del primo negozio. La prima edizione proponeva in copertina la famosa poltrona Mk, era di dimensioni ridotte e contava una tiratura di 285 mila copie, nella sola madre lingua. Da allora, il catalogo Ikea è diventato il primo al mondo per diffusione; nel 2016, toccò i 200 milioni di copie, in decine di versioni diverse, in 32 lingue, per più di 50 mercati internazionali.
“Cambiare pagina è stato di fatto un processo naturale, da quando l’utilizzo dei media e i comportamenti dei clienti sono cambiati. Servono modi nuovi per raggiungere e interagire con la maggioranza delle persone”. Con queste parole Konrad Grüss, amministratore delegato di Inter Ikea Systems, ha spiegato la decisione.
La storia del retail nel mondo, volendo, si può riassumere in alcune tappe fondamentali: il primo registratore di cassa o l’introduzione del codice a barre, per esempio. Tra queste, trova posto il catalogo.
Il primo catalogo di Eaton, “Canada’s greatest store”, fu pubblicato nel 1884. Oggi, a Steiring, nella provincia di Alberta, fa bella mostra di sé Neils Hogenson House. Fu ordinata per posta, completa di legname, tegole, porte, finestre, modanature, chiodi e tutto il resto; pagata alla consegna, presso la stazione del luogo, 1.577 dollari. Al tempo, buona parte della popolazione canadese era distribuita in insediamenti isolati, e il catalogo Eaton dava modo di rifornirsi, con ogni mezzo, di beni altrimenti non disponibili, dagli attrezzi agricoli all’abbigliamento e ai prodotti per la casa. Tramite il catalogo, tutti gli abitanti della nazione poterono accedere all’offerta e ai prezzi di cui, fino a quel momento, godevano solo le città più grandi.
Ruolo analogo, negli Stati Uniti, ricopriva il catalogo Sears Roebuck & Company. Forse, non siamo abituati a considerare con la dovuta importanza il ruolo sociale del retail nel territorio. In altre parti del mondo, problemi come i “deserti alimentari” sono decisivi nella vita delle comunità e, in senso ancora più ampio, le infrastrutture commerciali possono deciderne il destino. A questo proposito, esistono ancora oggi mirabili esempi di giornalismo.
Al secondo posto, dopo IKEA, per disagio procurato ai portinai di condominio, il catalogo di Mondo Convenienza; per adesso, complementare alla comunicazione online dell’azienda che, con 1 miliardo e 200 milioni di fatturato, ha sorpassato il concorrente svedese nei ricavi legati all’arredamento; il fatturato di Ikea Retail Italia è maggiore, ma in buona parte legato all’oggettistica e alla ristorazione. Mondo Convenienza, il 13 giugno 2017, ha inaugurato una digital factory interna al gruppo.
Il pensiero di Dario Carosi, proprietario di Mondo Convenienza, sembra un manifesto dell’innovazione digitale: “Alla riapertura di Lombardia e Piemonte, il 60% dei nostri clienti non è tornata nel negozio e ha continuato a comprare online. Oggi, il 90% di chi entra nel punto vendita ha già visitato il sito che, nell’ultimo anno, ha registrato 20 milioni di accessi. Il nostro eCommerce nel 2017 valeva il 4 per cento del fatturato, oggi vale il 23 per cento”.
Argos fa parte della catena di supermercati Sainsbury’s. Fondata nel 1972, è presente con circa 900 negozi, quasi un miliardo di visitatori online all’anno e 29 milioni di clienti attivi. Uno dei retailer più conosciuti del Regno Unito, anche in virtù del suo modello di vendita.
L’insegna, infatti, deve la fortuna ai suoi negozi, dove un modulo d’ordine andava compilato con i numeri di catalogo degli articoli desiderati; esibito alla cassa per il pagamento, dava luogo a una ricevuta che ne riportava la data di consegna. Lo scorso luglio, Argos ha annunciato la cessazione, dopo 47 anni, della pubblicazione che, nel suo ciclo di vita, è stata distribuita in più di un miliardo di copie. Nel suo momento migliore, la più diffusa in Europa.
Il catalogo di Argos, secondo il popolare comico Bill Bailey, è “The Book of Dreams”. Nonostante la cancellazione, il retailer inglese na ha voluto fare la premessa di due fortunatissimi spot pubblicitari, spingendo sulla nostalgia provata dal pubblico per la guida ai regali di Natale. Per Rob Quartermain, uno dei manager di Argos, “lo spot natalizio dell’anno scorso ha avuto un’ottima performance. Ci è sembrata un’idea davvero potente, qualcosa di unico per noi”.
Nel 1960, appare nelle edicole il primo catalogo Postalmarket, 10.000 copie di tiratura. “Soddisfatti o rimborsati”, da tempo formula scontata del commercio, anticipa nei fatti la gestione dei resi senza la quale un retailer di moda non potrebbe, oggi, sopravvivere alle turbolenze dell’eCommerce.
Il catalogo si avvale della collaborazione d’importanti brand della moda e, in copertina, trovano posto celebrità e bellezze di ogni parte del mondo. Dal suo enorme call center di Peschiera Borromeo si puo’ gestire l’ordine e la consegna non solo per posta, ma anche per telefono. Nel 1987, Postalmarket spedisce 1.250.000 pacchi e realizza ricavi per 385 miliardi di lire. La diffusione degli ipermercati fu, poi, tra le origini del declino dell’impresa che, nel 2002, “abbassa le saracinesche”.
La storia, però, non finisce qui e per l’autunno 2021 è previsto il rilancio di Postalmarket, in doppia versione. Da una parte, il portale dedicato alla media e piccola impresa, attivo nella forma del marketplace e in quella di dropshipping; dall’altra, il rilancio del catalogo cartaceo. Ibridazione della nostalgia, a volerne trovare una definizione di sintesi.
La natura dell’innovazione, nel tempo, non cambia. È il mezzo indispensabile a combinare necessità e desiderio di chi compra, servendosi delle migliori tecnologie del momento, per raggiungerlo ovunque si trovi e, quando possibile, aprire mercati nuovi. Non può e non deve essere definita entro perimetri precisi: è un cambiamento organico ai tempi, ai luoghi e ai mezzi disponibili. La sola cosa certa è che non c’è un solo passo del ciclo di vendita e di relazione con il cliente, dove all’applicazione o meno di questa non sia legata una maggiore capacità di concorrenza o l’arretramento. La customer experience non si è sempre chiamata così, ma è sempre esistita: dalla casa per posta al touchless retail, in fondo, non è cambiato nulla. Se non il bisogno di cambiare, s’intende.