Fatte le dichiarazioni d’intenti, si dovrà attenderne l’effettiva ricaduta sul modo di vendere moda e sugli equilibri tra i diversi attori del mercato. E considerarne, anche al di là delle istanze etiche (la pressione sulla sostenibilità si va facendo fortissima), la compatibilità con volumi, redditività e operazioni. I processi tipici consolidati negli ultimi vent’anni, dal disegno alla produzione e alla distribuzione dovranno, giocoforza, essere modificati.
Ciò nonostante, alcuni effetti saranno evidenti già sul breve-medio periodo. I negozi di moda enfatizzeranno l’importanza dell’esperienza d’acquisto, integrata in una relazione unica con il cliente sui diversi canali. La personalizzazione sarà sempre più spinta e avranno sempre maggiore importanza, di conseguenza, le tecnologie utili a supportarla e a ingaggiare il cliente.
E ne farà le spese, probabilmente, anche il fenomeno tipico dell’ultimo decennio. Negli Stati Uniti, infatti, circa il 30 per cento dei marchi di moda ha già cancellato gli accordi con gli influencer.
Il recupero della competitività, dei volumi e della redditività è, oggi, un problema comune ai marchi e ai retailer. Ci saranno vincitori, magari newcomers, e vinti, magari illustri. In questo, almeno, non c’è nessuna novità.