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Retail 2020, con e senza “e”

02/01/2020

Retail 2020, con e senza “e”

Pronti, via. Il retail 2020 come lo immaginiamo noi, provando a scansare le banalità sul cambiamento o sulla centralità del cliente. Tante partite da giocare, anche su campi esterrni alla distribuzione , e risultati tutti da acquisire.

Proviamo a pensare al retail 2020 senza retorica, aria fritta e punti esclamativi. Semplicità, prima di tutto. Un fatto assodato: nel decennio appena concluso, l’ascesa di Internet ha cambiato il “percorso” d’acquisto e il ruolo del negozio. E un processo che continuerà anche in questo decennio, con i vincitori e i vinti del caso come nei dieci anni trascorsi. Per molti, addirittura, “apocalittici”.

Il ritmo dell’innovazione tecnologica è alto, e il cambiamento sempre più veloce. Sarà così anche per il retail 2020 e per quelli che seguiranno. Quello che viviamo, però, non è il primo cambiamento significativo nella storia del settore. Solo per citarne alcuni, anche l’avvento dei supermercati, il codice a barre e il self-service sono stati fondamentali nel modo di distribuire e di comprare.

La digitalizzazione, dove ancora non è fatto consolidato in tutto o in parte, è una prospettiva ineludibile e riconosciuta da tutti. L’eCommerce presto non avrà più bisogno di quella “e”. È solo una parte del commercio, più o meno avanzato, e gli stessi leader di mercato non avranno interesse a evidenziarne una presunta diversa natura. Si offre, si vende e si consegna nel modo e nel contesto migliore per aumentare i volumi, salvaguardare la redditività e accontentare il cliente. Fine.

REAL ESTATE

Per gli immobiliaristi, nel retail 2020 l’attenzione sarà rivolta ai minimarket nelle aree urbane, agli outlet center, ai negozi di lusso e per il tempo libero, e probabilmente continueranno le difficoltà delle high street. La ristorazione sarà il motore delle attività: i centri commerciali di recente o nuova costituzione prevedono food court fino al 25% della superficie. Dal coworking all’intrattenimento, l’interazione sociale, la convenienza e l’esperienzialità ne rilanceranno la frequentazione, accelerando la sostituzione o ristrutturazione degli shopping center del secolo scorso.

TECNOLOGIA NEL NEGOZIO

I retailer dovranno investire le risorse, il tempo e gli investimenti necessari nel vantaggio strategico delle nuove tecnologie. Il negozio conserva un chiaro vantaggio per il consumatore: per l’opportunità di interagire con personale competente, di valutare e provare i prodotti, di ritirarli subito. Vantaggio anche per il retailer, perché la crescente affermazione del click & collect e del pagamento elettronico rende l’acquisto più facile, veloce e attraente anche al banco.

Nel front-end si consoliderà la tendenza già presentata nella nostra “mostra” milanese di settembre. Parliamo di accesso con riconoscimento facciale, scansione degli articoli tramite etichetta, informazioni sul prodotto via QR code, carrello della spesa virtuale e check out via smartphone, che si affermerà come tramite d’acquisto nel punto vendita.

CONSEGNE E LOGISTICA

Nel retail 2020 proseguirà e s’inasprirà la guerra delle consegne. Negli USA, l’attività logistica e di spedizione sta cambiando il ruolo di Amazon da cliente a concorrente di tutti i principali vettori, dal servizio postale a Fedex e UPS. Questa guerra sarà globale, e già s’intravedono le reazioni forti, come l’insourcing scelto dai grandi soggetti del mercato per il volume aggiuntivo dell’ultimo miglio.

I retailer si misurano sull’attrattività e semplicità del servizio, e naturalmente sui costi. Dovendo disporre della merce in posizioni strategiche e con strutture ottimizzate per i corrieri, la costruzione di magazzini è cresciuta alla media del 29% negli ultimi 5 anni. Shopify prevede d’integrarne sette nel 2020, investendo un miliardo di dollari per adeguarsi ai bisogni di oltre un milione di commercianti che si servono del suo Fulfillment Network.

Va osservata, comunque, anche la crescente preoccupazione delle amministrazioni pubbliche, per i problemi di congestione e inquinamento dati dalla diffusione di veicoli su strada per la consegna a domicilio. Le normative di trasporto su gomma nelle città si faranno inevitabilmente restrittive, con chiare conseguenze sulla gestione e l’economicità del servizio.

RISTORAZIONE

Il food delivery è sempre sugli scudi (pur contraddittorio sulla redditività del servizio e sull’etica del lavoro), ma deve rispondere della sostenibilità della consegna in 24 ore a un prezzo competitivo. Le dimensioni dell’investimento sono decisive, e l’aggregazione dei soggetti inevitabile. Aumentano rapidamente le “dark kitchen”, senza avventori e camerieri, solo chef e fattorini. Molti hotel ne stanno valutando l’opportunità di servirsene, per rendersi concorrenziali rispetto ai ristoranti tradizionali. Questi, d’altro canto, troveranno difesa nella tecnologia: kiosk, app di self ordering e self payment, integrazione degli ordini ai fornitori e dei servizi di consegna a domicilio.

COMMERCIO DIGITALE

Oggi, più del 40% delle transazioni di eCommerce nel mondo avviene in Cina, rispetto all’1% del 2005. La “natività digitale” della Cina ha consentito lo sviluppo di tecnologie di acquisto, pagamento ed evasione degli ordini, automazione e personalizzazione a ritmi molto più alti dell’occidente. Mentre gli utenti americani di telefonia mobile sono per i due terzi ancora riluttanti a utilizzare il pagamento mobile, il tasso di adozione in Cina è del 100%.

Parliamo di un mercato più grande degli Stati Uniti, del Regno Unito, della Francia, della Germania e del Giappone messi insieme. Inevitabile, a medio e breve termine, l’influenza su tecnologie e modelli di business dell’occidente. Anche se non tutta l’area europea potrà vantare lo stesso livello di penetrazione del Regno Unito (ormai al 20% del totale della distribuzione), il retail 2020 vedrà comunque crescere la quota di commercio online, pur con stime diverse dell’effettiva incidenza nei diversi paesi.

INVINCIBILITÀ?

Quella di Amazon è destinata a durare in eterno? Antitrust ed elusioni fiscali a parte, non mancano i segnali contrari. Diversi brand iniziano a mettere in discussione il valore della partnership, e analisti autorevoli di Wall Street come Randy Konick dicono apertamente che “i brand non hanno bisogno di Amazon”. A novembre, Nike ha annunciato la fine della relazione commerciale e la rimozione della sua intera offerta dalla piattaforma. Ancora più pesante la presa di posizione di American Apparel & Footwear Association, che rappresenta oltre 1.000 marchi tra cui Adidas, Gap e Target. L’accusa ad Amazon è quella di aver creato un mercato nero di prodotti contraffatti.

AUGURI

I nostri, agli operatori e ai lavoratori del retail 2020. Ce n’è bisogno: fuori del negozio, il mondo non sembra migliorare. Tutt’altro.

Michele CapriniHead of content